La pandemia di coronavirus e il conseguente passaggio di massa allo smart working ha provocato e sta ancora provocando un profondo cambiamento nelle grandi città, in Italia e non solo: a Milano in particolare il sostanziale svuotamento della città sta mettendo in ginocchio alcuni settori, in particolare quello della ristorazione, che ha visto ridotta al lumicino la platea dei suoi clienti, dai turisti agli studenti universitari passando per i lavoratori degli uffici.
I problemi che i ristoratori stanno affrontando sono enormi: uno di loro, Leonardo Jaretti, insieme al cugino Matteo meno di un anno fa ha aperto una cotoletteria, CotolettaMI, ma dopo pochi mesi ha dovuto affrontare il lockdown e tutte le sue conseguenze. «Milano è vuota, gli affari non decollano ma i costi fissi rimangono fermi – ha raccontato a Leggo – non solo gli affitti, ma anche le bollette, i finanziamenti per i macchinari. La situazione è drammatica: noi siamo una piccola realtà, ma ci sono tante attività in centro che non hanno nemmeno riaperto, e non sappiamo ancora cosa accadrà nei prossimi mesi», le sue parole.
Il Governo è intervenuto nei mesi scorsi con diversi aiuti: «Per quanto riguarda gli affitti siamo stati aiutati con tre mesi di credito di imposta. Poi c’è la cassa integrazione, a cui abbiamo fatto ricorso anche noi che abbiamo pochi dipendenti: ma ora è già in ritardo di tre mesi – aggiunge – Inoltre come nuova attività abbiamo ricevuto duemila euro a fondo perduto». Ma non ci sono solo gli affitti: «Le bollette sono rimaste salate anche durante il lockdown, anche perché la percentuale dei consumi sulla cifra da pagare è sempre bassa rispetto alle altre voci. Idem per il leasing dei macchinari, su cui non abbiamo avuto agevolazioni». Infine, sempre per l’affitto, «abbiamo provato ad avere uno sconto sulla cifra ma il locatario ce lo ha negato, perché il rischio d’impresa è il nostro».
In sostanza dunque, se da un lato lo smart working sta cambiando profondamente la concezione del lavoro ed è dunque una tematica sovranazionale, il problema dei costi fissi secondo il ristoratore dovrebbe essere affrontato con più insistenza da parte delle autorità: «Dovrebbe essere il governo centrale ad intervenire per darci un aiuto, perché sono tematiche su cui non si può lasciare tutto alla contrattazione tra privati – conclude Leonardo – La pandemia ha accelerato processi per cui normalmente ci vogliono anni, se non decenni. Le grandi città non erano preparate ad un cambiamento così radicale nel giro di poche settimane».